Agcom, relazione annuale. La presentazione integrale di Angelo Cardani

Agcom, relazione annuale. La presentazione integrale di Angelo Cardani

Illustri autorità, Gentili ospiti,

a tutti voi rivolgo i miei ringraziamenti per essere qui oggi e per aver accettato di partecipare alla presentazione al Parlamento della Relazione annuale sull’attività svolta nell’anno appena trascorso e sui programmi di lavoro dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

 

Centauro Europa di Stefano Mannoni

Unione Europea e mercato unico digitale connesso

Il referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha implicazioni non solo di ordine economico e finanziario, ma anche di ordine sociale e culturale. E l’economia e la società digitale, perimetro di riferimento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sono un esempio evidente di tali implicazioni. Nessuna delle nostre riflessioni sul Digital Single Market avrebbe senso se prescindessimo oggi dal segnale che promana da quella decisione.

Come istituzione parte di un circuito europeo di regolatori, sentiamo fortemente la responsabilità che ci deriva dagli esiti del referendum inglese. Ma sbaglieremmo, sbaglierebbero l’Europa e le sue istituzioni, se ci fermassimo al solo segnale del germe della disgregazione dell’Europa, dato che questo si annida ovunque, e che altri referendum ragionevolmente si profilano. Anche nel nostro paese, pure un tempo tra i più europeisti, assumono peso crescente e fisionomia via via meglio definita, posizioni di diffidenza e di rivalsa nei confronti delle istituzioni europee. Tocca ovviamente alla politica trovare le reazioni e le risposte più giuste a questa deriva. Nondimeno un ruolo non secondario devono giocare tutte le istituzioni che, come la nostra, vivono e trovano ragioni e stimoli nel circuito dei decisori europei. Sentiamo forte il dovere di dare senso e ragioni a quell’obiettivo del mercato unico digitale che vede impegnata la Commissione UE, il Parlamento di Strasburgo   con essi tutte le istituzioni nazionali dei paesi membri che si occupano a vario titolo di comunicazioni elettroniche, media, ICT.

Possiamo e dobbiamo dare il nostro contributo per rafforzare l’idea di Europa. E per farlo – per quanto nelle nostre possibilità e nell’ambito delle nostre competenze – abbiamo il dovere di lavorare nella direzione del rafforzamento di una Europa che, senza retorica, ma per davvero, con atti concreti, sia non solo l’Europa delle compatibilità di bilancio, dei patti di stabilità, dei vincoli finanziari, ma anche e sempre più, tangibilmente, una Europa di cittadini e consumatori digitali connessi. Ci abbiamo messo venti anni a costruire l’impianto del Telecom Single Market, dieci a completare la liberalizzazione dei servizi postali e altrettanti per creare la consapevolezza che la sopravvivenza e la qualità di contenuti e prodotti culturali e informativi locali, nel nuovo ecosistema digitale, dipende anche dall’unione delle politiche e delle forze di tutti i regolatori dell’Unione. Ofcom, va riconosciuto, ha giocato in questi anni un ruolo importante di cooperazione e coordinamento, ma l’uscita non significa che occorre rinunciare a un’Europa digitale connessa. I benefici in questi anni sono stati tanti: l’abolizione del prezzo del roaming e i finanziamenti alle Regioni per lo sviluppo della banda larga, solo per citare esempi recenti, e l’Italia sa quanto sia stata importante la spinta dell’Europa per superare i propri limiti e favorire lo sviluppo delle imprese e la diffusione dei nuovi servizi delle comunicazioni.

Nel 2015 l’UE ha deciso di dare un nuovo impulso al processo di integrazione digitale attraverso lo sviluppo di un’Europa di cittadini connessi, tappa di un processo di riforme che dovrebbe portare nel 2020 agli obiettivi sociali dell’Agenda Digitale. Ora, proprio come risposta alla Brexit ed alle tentazioni che essa innesca, dovremo  accelerare ed essere più coraggiosi nelle decisioni. Per quanto nelle nostre possibilità dovremo fare di tutto per invertire la deriva che mette a rischio l’esistenza stessa dell’idea di Europa e del Digital Single Market. Essere europei ha significato in questi anni mobilità, integrazione, coesione ma anche diversità, partecipazione, opportunità; elementi rafforzati dalla cittadinanza digitale.

Jean Monnet, parlando dell’idea di Europa disse “Noi non coalizziamo Stati, ma uniamo uomini”(1). Con questo spirito, mettere al centro la rivoluzione digitale, e con essa il moltiplicarsi delle possibilità di unione e coesione tra i cittadini, significa mettere al centro il sogno europeo e le possibilità di Europa.

Mercato unico digitale connesso e ruolo dell’Autorità

 

Le nuove tecnologie e servizi offerti dalle imprese emergenti nei settori di competenza dell’Autorità, pur ampliando il ventaglio di opzioni a disposizione degli utenti, condizionano i modelli di business delle imprese tradizionali e aprono nuove sfide per i regolatori. Gli evidenti profili di sostituibilità fra questi nuovi servizi – in larga parte forniti da operatori Over The Top (OTT) sulla rete Internet – e quelli forniti, su reti ed infrastrutture dedicate, dagli operatori tradizionali a condizioni più o meno regolamentate (2), cambiano l’intero paradigma su cui si fondano il gioco concorrenziale, la trasformazione dei mercati e dunque l’intervento del regolatore tra ri-regulation e de-regulation.

La riduzione dei costi transattivi legati ai processi di digitalizzazione dei servizi tradizionali genera nuove opportunità di aggregazione insieme a spinte di disaggregazione, tanto dal lato dell’offerta quanto dal lato della domanda. Sharing economy, economia collaborativa, nuovi modelli di produzione e distribuzione, diverse modalità di fruizione dei servizi, rappresentano una sfida senza precedenti. Se da un lato i consumatori vedono aumentare le opportunità offerte dall’ecosistema digitale, d’altro canto gli operatori tradizionali devono reagire ad un mercato più concorrenziale e in un quadro normativo e regolamentare in parte ancorato al vecchio sistema. Un esempio del processo di risposta al cambiamento è l’andamento dei ricavi dei mercati al dettaglio delle comunicazioni fisse e mobili negli ultimi anni in Italia: alla riduzione dei ricavi dalla vendita di servizi tradizionali di telefonia vocale e di SMS, si accompagna, come rilevato da una recente indagine dell’Autorità (3), la crescita dei ricavi dei servizi di connessione e accesso alle piattaforme o di capacità di banda, che abilitano i servizi VoIP, di messaggistica istantanea e di social networking, nonché l’aumento dei ricavi derivanti dalla vendita di dispositivi e smartphone.

La crescita degli scambi e il moltiplicarsi dei contatti in rete genera un nuovo potenziale di ricavi derivante dalla c.d. data economy, vale a dire la capacità delle imprese di valorizzare i dati raccolti all’atto dell’erogazione del servizio online, delineando il “profilo utente” al fine di offrirgli pubblicità o prodotti e servizi mirati. Un ulteriore elemento di cambiamento del paradigma economico tradizionale fondato sul valore di scambio unilaterale (prezzo) e un ruolo del tutto nuovo della domanda. Uno scenario in profondo mutamento, che richiede una costante innovazione tecnologica delle infrastrutture di telecomunicazioni e maggiore qualità dei servizi e contenuti offerti. Crescita di competitività e necessità di investimenti e innovazione spingono (da alcuni anni) le imprese europee e nazionali al consolidamento e alla convergenza. L’Italia non fa eccezione, in questo ultimo anno sono partite le intese per la fusione tra H3g e Wind, l’alleanza tra Mediaset e Vivendi, la joint venture tra Gruppo Editoriale l’Espresso e ITEDI. Altre alleanze vengono annunciate (Metroweb-Enel; Rai Way-Ei Towers). Questo, infine, è stato l’anno della prima tranche di privatizzazione di Poste Italiane. In questo scenario in forte movimento l’Europa ha deciso di puntare su un mercato unico digitale connesso per sfruttarne i potenziali offerti dall’effetto leva su crescita e occupazione (4).

Un ruolo importante giocano il legislatore e il regolatore a livello europeo e nazionale, con la consapevolezza di un difficile bilanciamento tra la promozione e la non limitazione delle opportunità offerte dal mercato unico digitale al sistema economico e sociale e la  velocità di risposta delle imprese già operanti nei settori tradizionali della comunicazione, tipicamente regolamentati.

L’Unione europea rappresenta il quadro di riferimento dell’Autorità a fronte di un percorso di integrazione dei mercati e armonizzazione delle regole avviato, nei settori di riferimento dell’Agcom, dai primi anni ’90. Nel maggio 2015, come già detto, la Commissione presenta la strategia per un mercato unico digitale connesso (5), riconoscendone i benefici potenziali in termini di crescita economica e occupazione, rafforzamento dell’integrazione (connessione e riduzione delle barriere commerciali in rete), maggiore coesione sociale. I policy maker e i regolatori nazionali nei mercati delle comunicazioni digitali giocano un ruolo decisivo. Nella fase a monte (percorso di riforma) l’Autorità interviene sia direttamente sia attraverso i gruppi di coordinamento dei regolatori europei (BEREC, ERGA, ERG-P, RSPG) a vario titolo coinvolti nelle riforme. Nel 2016 l’Autorità ha assunto la vicepresidenza di BEREC e ERG-Post, di cui assumerà la presidenza nel 2017; ha ottenuto la nomina alla presidenza anche di EMERG per il 2017. Nella fase a valle delle riforme le Autorità nazionali delle comunicazioni esercitano le competenze di attuazione e vigilanza delle regole introdotte con l’adozione nei sistemi nazionali. Nel quadro della strategia Digital Single Market (DSM), volto a “creare le giuste condizioni per lo sviluppo delle reti digitali e dei servizi” si inseriscono le proposte legislative di revisione del framework regolamentare sui servizi di comunicazione elettronica (c.d. Telecom Single Market-TSM); la proposta di revisione della direttiva sui servizi di media audiovisivi; la proposta di regolamentazione delle nuove piattaforme digitali.

Una parte della riforma TSM è stata completata con il nuovo Regolamento del novembre 2015 (6) che riforma le regole del roaming internazionale e determina i criteri di regolamentazione della net neutrality. In materia di roaming, in seguito all’avvio del periodo transitorio (30 aprile 2016), che porterà a partire dal 14 giugno 2017 alla tariffa unica europea, l’Autorità è intervenuta con una serie di azioni adottando, tra l’altro, un generale atto di indirizzo in ordine all’applicazione della nuova normativa a tutti i piani nazionali esistenti ed ad una maggiore trasparenza informativa nei confronti della clientela, con conseguente riformulazione dei prezzi intra-UE rispetto a quelli nazionali se non coerenti con il regolamento.

È attualmente in discussione la decisione europea di determinazione dei nuovi livelli dei prezzi del roaming all’ingrosso corrisposti dagli operatori per l’uso dei servizi di interconnessione all’estero. Con la recente adozione delle regole per il mantenimento di un’Internet aperta e neutrale (così detta net neutrality) si è inteso attribuire ai regolatori delle comunicazioni elettroniche il compito di vigilare su eventuali discriminazioni anti-competitive che possano incidere sulla libertà di consumatori e utenti di accedere e trasmettere attraverso Internet contenuti digitali, servizi e applicazioni. L’Autorità, molto attiva su questo fronte in sede BEREC, sarà quindi chiamata a valutare le condizioni commerciali e tecniche di fornitura dei servizi di accesso alla rete tenendo conto sia dell’assetto competitivo dei mercati, sia dell’impatto che le condotte degli operatori possono produrre non solo sui consumatori ma anche sulla libertà di espressione degli utenti e sul pluralismo dei media (7). L’Autorità intende avviare un confronto con gli stakeholder per valutare le implicazioni a livello nazionale. Importanti novità anche nel processo di armonizzazione delle regole di gestione dello spettro radioelettrico. In materia di gestione e allocazione delle risorse frequenziali l’Autorità ha assunto nell’ultimo anno numerose decisioni. Oltre al processo di pianificazione delle frequenze per gli usi della televisione digitale terrestre alle TV locali e della radio digitale, è giunto al termine il regolamento sulle procedure di assegnazione delle frequenze 3.600-3.800 MHz per lo sviluppo di soluzioni Fixed Wireless Access a banda larga e ultralarga. L’Italia, tra i pochi paesi europei a pianificare questa banda, ha introdotto un sistema innovativo di sharing geografico volto a favorire l’uso efficiente dello spettro. Ora si attende la gara per l’assegnazione da parte del MISE, che sarebbe opportuno accelerare anche al fine di favorire la partecipazione dei fornitori di FWA ai bandi per il finanziamento pubblico delle reti a banda ultralarga. La recente decisione europea di armonizzazione delle frequenze dei 700 MHz unitamente ad un uso combinato delle frequenze già riservate agli usi radiomobili e del piano di azione delineato a tale scopo a partire dal 2017, merita una riflessione circa gli effetti generati sugli operatori radiotelevisivi, attuali utilizzatori della banda di frequenza 470-790 MHz. L’Autorità ritiene che l’Italia non possa permettersi ulteriori ritardi nel definire il Piano di azione e, pertanto, appare urgente e non più procrastinabile l’avvio di un’azione dei soggetti pubblici e privati in cui le Istituzioni preposte dettino le strategie e gli obiettivi di interesse generale. La programmazione e l’accelerazione del percorso di attuazione sono condizioni fondamentali per consentire la transizione delle frequenze 700 MHz ai servizi di comunicazione a larga banda senza fili anche con l’orizzonte al 2022. L’Autorità ha infine avviato, unica in Europa insieme ad Ofcom, la consultazione pubblica per la determinazione delle modalità di accesso condiviso allo spettro nella forma del “Licensed Shared Access” (LSA) o di meccanismi analoghi, secondo lo schema incoraggiato in Europa da RSPG. In un contesto di risorse scarse occorre individuare nuovi approcci per l’assegnazione e l’uso efficiente delle frequenze al fine di soddisfare la crescente domanda di traffico wireless, anche nella prospettiva del 5G, dell’Internet of Things e delle connessioni Machine to Machine. Nel settore dei media le iniziative assunte nella elaborazione delle proposte legislative attuative della strategia DSM si sono tradotte sia in un’azione congiunta dei regolatori nazionali, sia in un contributo individuale dell’Autorità alla consultazione che ha preceduto la recente pubblicazione della proposta di emendamenti alla direttiva sui servizi di media audiovisivi (8). L’Autorità è impegnata nella creazione di un quadro di regole idoneo a continuare a vigilare sulle posizioni dominanti oltre che ad assicurare parità di armi nell’arena competitiva tra le imprese che forniscono servizi tradizionali di broadcasting e quelle che operano in modalità “over-the-top”, contemperando tale esigenza con quella di garantire prioritariamente il mantenimento di adeguati presidi per la tutela del pluralismo, della correttezza dell’informazione e dei minori anche in un contesto di regole più elastico e adattabile alle nuove modalità di fruizione dei contenuti audiovisivi online.

Lo stesso fil rouge – regole tendenzialmente simili per servizi funzionalmente sostituibili – è rinvenibile sul tema delle regole relative alle piattaforme online. Queste ultime (a titolo di esempio: motori di ricerca, media sociali, piattaforme di commercio elettronico, app store, siti di confronto prezzi, e così via) acquistano una centralità assoluta nell’economia digitale. La Commissione europea ha lanciato una “Consultazione pubblica sul quadro normativo per le piattaforme, gli intermediari online, i dati e il cloud computing e l’economia collaborativa”.

L’Autorità, in coerenza con le iniziative europee, sta svolgendo una complessa attività conoscitiva finalizzata a proporre suggerimenti normativi a livello nazionale e comunitario e a delineare le nuove priorità strategiche della propria regolamentazione per i prossimi anni (9).

Le regole dovranno dare risposta alla trasformazione e per questo anch’esse essere “digitalizzate” e “connesse”. Non è solo un problema di tutela della concorrenza, ma anche di riforma delle regole di scambio transfrontaliero, di interoperabilità e qualità tecnica, di tutela dei consumatori, di difesa di diritti fondamentali dei cittadini (10).

 

A che punto è l’ecosistema digitale italiano

L’Italia si posiziona nel 2015 al 25° posto, con un punteggio complessivo dell’indice Digital Economy and Society (11), risalendo di una posizione rispetto al 2014. Ad una migliore capacità di recupero del divario rispetto all’Europa negli indicatori infrastrutturali e di offerta di nuovi servizi, fa da contraltare un’incapacità di risalire le posizioni dal lato della domanda. La disponibilità dei servizi di accesso a reti fisse a banda larga ha raggiunto il 99% delle abitazioni e quella a banda ultralarga è passata dal 36% del 2014 al 44% del 2015. Stazionaria la posizione nelle performance di armonizzazione dello spettro radioelettrico, in cui l’Italia resta ferma alla 20a posizione.

I consumatori italiani continuano a preferire l’accesso alle reti mobili rispetto a quelle fisse (75% di diffusione contro il 53% degli accessi alla rete fissa a banda larga base, sintomo di un rallentato processo di convergenza rispetto all’Europa in cui gli indicatori sono pressoché equivalenti e pari al 72 e al 75%); la diffusione degli accessi a banda ultralarga è ancora molto bassa (5,4% il numero di abbonati sulla popolazione contro il 30% dell’UE, anche se in aumento rispetto al 2014, in cui la percentuale era ferma al 3,8%); l’1,8% del reddito pro-capite degli italiani è assorbito dalla spesa al minore prezzo disponibile per l’abbonamento a servizi a banda larga contro l’1,3% della media europea.

All’origine delle performance poco soddisfacenti dell’Italia due fattori determinanti: un minor livello di specializzazione e cultura digitale da un lato e l’invecchiamento della popolazione dall’altro. Il peso dell’invecchiamento della popolazione da solo non spiega il ritardo nell’adozione, da parte dei consumatori italiani, di nuovi servizi digitali. Esiste in Italia un problema strutturale di competenze digitali, ossia di capacità che consentono di utilizzare con un certo livello di confidenza (familiarità e spirito critico) le tecnologie dell’informazione per lavoro, tempo libero e socializzazione. Infatti, le componenti dell’indice DESI relative agli skill evidenziano come, in Italia, meno della metà di coloro che accedono a Internet regolarmente possiede competenze digitali di base. Il tutto in un sistema con una minore disponibilità di lavoratori specializzati in ICT (2,5% di occupati rispetto ad una media dell’EU del 3,7%, nel 2015) e, a monte, da un ridotto numero di individui con formazione scientifica (12).

Alcune indagini, inoltre, mettono in evidenza il ruolo di “freno” alla diffusione dell’uso di Internet di fattori culturali e di abitudini di consumo; non si spiega altrimenti la percentuale quasi doppia dell’Italia rispetto all’Unione Europea di coloro che non hanno mai utilizzato Internet. Nel 2015, in Italia, tale percentuale è stata del 28% rispetto al 16% dell’Europa (13).

Sebbene si registrino segnali positivi di migliore familiarità con l’uso dei servizi online e interessanti cambiamenti nei modelli di consumo, l’Italia presenta, in generale e nei diversi servizi, una minore propensione all’uso della Rete rispetto ai cittadini europei. Ritardo che risulta più elevato nei servizi più evoluti e rivolti alla popolazione “matura”: lo shopping in cui solo il 39% degli italiani usa la Rete contro il 65% degli europei; il banking (43% contro il 57%); il Video on Demand (19% contro 41%); le News (57% contro 68%). L’utilizzo della Rete da parte delle nuove generazioni e l’ampia diffusione degli abbonamenti a servizi di connessione dati e accesso colmano in parte il ritardo nella propensione degli italiani all’uso di servizi di Social Network (58% degli italiani contro il 63% dell’Unione) e Musica, Video e Giochi, in cui l’Italia supera la media europea (52% contro 49%). Anche il settore dell’industria (e in particolare delle piccole e medie imprese) e quello della pubblica amministrazione fanno registrare ritardi nella propensione all’uso della Rete sebbene in misura minore rispetto al settore domestico.

A fronte dell’ultima posizione del domestico, le PMI raggiungono il ventesimo e la PA il diciassettesimo posto nella classifica europea dell’utilizzo di servizi in ambiente Internet. Queste posizioni fanno comunque fatica a risalire e sono stazionarie o in peggioramento rispetto al 2014. È da accogliere favorevolmente la politica del Governo attraverso la “Strategia per la crescita digitale” e le azioni messe in campo dai decreti attuativi della Riforma Madia in materia di digitalizzazione e semplificazione della pubblica amministrazione.

L’Autorità influisce significativamente sul rendimento dell’Italia rispetto agli indicatori economici e sociali del DSM. Sicuramente dal lato dell’offerta attraverso le decisioni di promozione della concorrenza e degli investimenti in reti di nuova generazione e servizi innovativi. L’andamento dei prezzi nei settori di intervento dell’Agcom (telecomunicazioni, servizi media, servizi postali) espresso dall’indice sintetico dei prezzi retail – costruito dall’Autorità in collaborazione con l’ISTAT – evidenzia che negli ultimi cinque anni i prezzi dei servizi di comunicazione sono diminuiti di quasi il 25% rispetto al generale costo della vita (14).

La regolamentazione della qualità dei servizi di accesso all’ingrosso è un fattore determinante per la competitività delle imprese, con ricadute positive sulla qualità dei servizi offerti ai consumatori finali. In questo ambito nell’ultimo anno l’Autorità ha assunto decisioni significative e intrapreso un percorso virtuoso per il miglioramento delle prestazioni dell’incumbent e per una più efficace ed efficiente organizzazione dei servizi offerti. L’analisi dei mercati dei servizi di accesso alla rete di Telecom Italia, conclusa nel dicembre 2015, oltre a determinare i prezzi all’ingrosso per il 2015-2017, contiene misure importanti in questa direzione. In particolare, l’attività dell’Autorità si concentra lungo tre direttrici: 1) la determinazione di parametri migliorativi delle performance di offerta dei servizi di fornitura e di manutenzione attraverso la fissazione di nuovi livelli di SLA e penali; 2) il rafforzamento del sistema di gestione dei processi e di governo delle relazioni tra Telecom Italia e operatori alternativi a garanzia della c.d. equivalence quale condizione di non discriminazione da parte dell’operatore incumbent verticalmente integrato. È in corso l’analisi della proposta di Telecom Italia delle misure per favorire la parità di trattamento nell’offerta di servizi di fornitura, migrazione e assistenza alle proprie divisioni di vendita al dettaglio rispetto alle condizioni di offerta di servizi all’ingrosso agli operatori alternativi. Misure rese ancora più importanti in questa fase di riattivazione o migrazione delle linee verso servizi a banda ultralarga; 3) lo studio di una maggiore concorrenzialità nell’offerta dei servizi di provisioning ed assurance attraverso l’esternalizzazione dei servizi stessi. Anche in questo ambito è in fase di analisi la proposta presentata da Telecom Italia, in seguito alla richiesta dell’Autorità. Nel 2015, proseguendo nella linea di ripresa del 2014, si registra una crescita delle infrastrutture di ultima generazione fisse e mobili per effetto della ripresa degli investimenti delle imprese.

Gli investimenti in reti fisse aumentano del 24% e quelli in reti mobili del 16% raggiungendo, nel 2015, i 7,4 miliardi di euro (più del 6% della spesa in investimenti in Italia). Il divario tra le diverse aree del paese ha spinto il Governo ad accelerare il piano per la banda ultralarga puntando sull’investimento diretto dello Stato nella realizzazione delle nuove reti. Nel 2015 sono stati stanziati, per il programma di sviluppo 2016-2020, 2 miliardi di euro attraverso i fondi europei per programmi regionali già approvati dalla Commissione e 4,9 miliardi di risorse pubbliche sono stimati per il prossimo futuro. Uno studio di Agcom in collaborazione con l’Università La Sapienza stima una crescita del PIL da 1 a 2 punti percentuali a seguito di investimenti (pubblici e privati) in infrastrutture a banda ultralarga di dimensione analoga a quelle mobilitate finora nel nostro paese.

Nell’ultimo anno di attività le conclusioni delle analisi dei mercati dei servizi di accesso e dei servizi di interconnessione alla rete fissa e del mercato dei servizi di terminazione su reti mobili sono state significative, con commenti positivi da parte della Commissione europea. La determinazione delle condizioni di regolamentazione per il triennio a venire fornisce certezza al mercato e ridona fiducia agli investitori, a fronte del recupero del ritardo accumulato in passato rispetto all’aggiornamento delle regole nei mercati di riferimento. Un impegno – quello del recupero del ritardo – che ci siamo assunti fin dall’inizio del nostro mandato.

 

L’evoluzione della regolamentazione in questo ultimo anno di attività, inoltre, mostra un minore impegno dell’Autorità nei mercati caratterizzati da maggiori dinamiche concorrenziali, anche per effetto dello sviluppo della piattaforma IP (deregolamentazione del transito, eliminazione di obblighi su servizi obsoleti), e, di converso, un ruolo più incisivo della regolamentazione in mercati maggiormente concentrati (servizio di raccolta, servizi di accesso alla rete) o di recente introduzione tecnologica (vectoring multi operatore nell’accesso al cabinet, revisione del piano nazionale di numerazione per favorire lo sviluppo di servizi machine-to-machine).

L’Autorità svolge un ruolo consultivo e di supporto alla Strategia del Governo per lo sviluppo delle reti a banda ultralarga. Negli ultimi mesi abbiamo adottato le Linee guida volte a definire i prezzi e le condizioni di accesso all’ingrosso alle infrastrutture di rete realizzate tramite contributi pubblici nelle cosiddette aree a fallimento di mercato, con un forte orientamento a misure di incentivazione; abbiamo formulato le nostre osservazioni al bando di gara; elaboriamo, su richiesta e in base alle specificità dei progetti messi a gara, i prezzi e le condizioni qualitative di offerta all’ingrosso dei servizi disaggregati di accesso al progetto di rete che riceve finanziamenti pubblici.

L’Autorità seguirà l’evolversi delle vicende connesse all’entrata di Enel, attiva nei settori dell’elettricità e del gas, nel mercato della banda ultralarga. In tale ambito sarà rilevante la collaborazione con l’Autorità di settore, in attuazione del decreto legislativo n. 33/2016 per la regolazione della messa a disposizione delle infrastrutture alternative nella posa di reti di telecomunicazioni veloci, nonché la verifica dei possibili effetti concorrenziali nel caso di investimenti diretti della società nel settore delle telecomunicazioni (vedi lo sviluppo di Enel Open Fiber e l’accordo con Metroweb), anche in prospettiva della nuova analisi di mercato.

 

Il fine ultimo della concorrenza e degli investimenti è il benessere dei consumatori (in termini di prezzi, qualità e varietà dei servizi) e la fiducia dei cittadini e delle imprese nell’adozione dei servizi digitali e nell’uso della Rete. Ma il ruolo dell’Autorità non si esaurisce certo nella promozione di concorrenza e investimenti.

È centrale il compito di tutela dei consumatori e degli utenti e il ruolo di regolamentazione dei servizi finali svolto da Agcom, a fronte delle caratteristiche dei mercati di riferimento. Da un lato, infatti, anche nei mercati concorrenziali, l’Autorità interviene a migliorare la trasparenza e la consapevolezza nelle scelte di consumo e a risolvere eventuali conflitti; dall’altro occorre rilevare che i settori di nostra competenza sono caratterizzati da aree così dette a fallimento di mercato, ma finalizzate a soddisfare bisogni e servizi di interesse generale e che per questo richiedono l’intervento del legislatore e un forte impegno della regolazione.

 

Tutela dei consumatori e servizi di interesse generale

La liberalizzazione dei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, unita al rapido progresso tecnologico, ha stimolato la concorrenza e la crescita economica e ha prodotto una vasta gamma di servizi destinati agli utenti finali, accessibili attraverso le reti pubbliche di comunicazione elettronica. In tale contesto da un lato è necessario garantire un pari livello di tutela dei dati personali e della vita privata ai consumatori e agli utenti, indipendentemente dalle tecnologie utilizzate per fornire un determinato servizio; dall’altro occorre prendere atto che i nuovi mezzi di comunicazione e la stratificazione dei servizi di accesso e delle applicazioni sul web accrescono il rischio di un consumo “inconsapevole” e involontario da parte degli utenti-navigatori.

L’Autorità ha affrontato e dato risposta a diverse tipologie di “truffe” o danni a carico dei consumatori, in particolare con riguardo alle attivazioni di servizi non richiesti; alla fatturazione di servizi e contenuti a sovrapprezzo rispetto al servizio base attivati involontariamente; alle modifiche contrattuali imposte unilateralmente. L’Autorità affronta le competenze di tutela attraverso gli strumenti di vigilanza in risposta alle denunce e segnalazioni dei consumatori (risoluzione delle controversie, sanzioni), anche attraverso interventi d’ufficio (diffide) o l’adozione di regole di condotta per favorire meccanismi di autodisciplina da parte degli operatori. In tale ambito, grazie alle informazioni ottenute dalle 5.600 segnalazioni pervenute dai consumatori (di cui 720 sulle c.d. truffe telefoniche) e prese in carico dall’Autorità nel 2015, è stato possibile migliorare l’efficacia dell’azione di vigilanza. Sono circa 200 i procedimenti sanzionatori chiusi nel 2015 nei diversi settori di intervento dell’Autorità, con oltre 30 milioni di euro restituiti agli utenti nel 2015 sotto forma di rimborsi, detrazioni dalle bollette e altri indennizzi. Uno strumento efficace e sempre più affinato utilizzato dall’Autorità per la tutela dei consumatori è la risoluzione extra-giudiziale delle controversie o in fase di conciliazione (oltre 100.000 tentativi nel 2015) o di risoluzione (8.115 istanze nel 2015). I casi risolti positivamente dai Co.re.com. risultano pari al 78% dei procedimenti conclusi e percentuali analoghe (75%) si registrano per le istanze di definizione gestite dall’Agcom per quei Co.re.com. ancora privi delle relative deleghe. Tra gli interventi di regolamentazione, particolare attenzione meritano il Regolamento e le linee guida adottati nel 2015 in materia di condizioni minime e durata dei contratti di fornitura e di diritti e doveri delle parti in caso di risoluzione telefonica (o comunque a distanza) dei contratti di vendita. Sempre con gli obiettivi di una corretta e completa informazione al consumatore, trasparenza sulle condizioni offerte e maggiore garanzia di prevenzione delle frodi, l’Autorità ha aggiornato la delibera sulla trasparenza dei consumi e la comparazione dei prezzi e della qualità offerti (giugno 2016) ed è in procinto di adottare la decisione sui diversi aspetti sottoposti a consultazione pubblica nel 2015 nel documento così detto “bolletta 2.0”, nel quale maggiori garanzie e trasparenza introdurranno forme crescenti di “spinta gentile” a consumatori via via più consapevoli e sempre meno inerti. Per quanto attiene all’attività di vigilanza e tutela degli utenti di servizi audiovisivi, nel 2015 l’Autorità ha svolto un’azione intensa di protezione dei diritti dei minori, che ha dato seguito ad una serie di procedimenti disciplinari, dei quali il 78% terminati con una sanzione. Negli ultimi anni, tuttavia, l’attività sanzionatoria è diminuita in termini assoluti, anche grazie a una maggiore chiarezza – cui l’Autorità ha contribuito – sui criteri di classificazione dei programmi gravemente nocivi e sulle caratteristiche tecniche di filtraggio e di controllo parentale, così che l’attività di vigilanza ha potuto concentrarsi sui programmi e sui generi specifici a più alto rischio.

Anche nel settore postale l’attività di vigilanza e di tutela dei consumatori si esplica in particolare nelle aree del Servizio universale, con la regolamentazione dei servizi ancora in regime di parziale o totale esclusiva a favore di Poste Italiane, e con la tutela degli utenti, attraverso l’attività di vigilanza sulla qualità dei servizi. In conseguenza degli esiti di tali attività, complessivamente nel 2015 sono state irrogate sanzioni per un importo pari a circa 800.000 euro, di cui 296.000 euro a Poste Italiane. L’Autorità ha il compito fondamentale di definire le condizioni di offerta dei servizi c.d. universali o dei servizi identificati dal legislatore quali servizi di interesse pubblico generale e sottoposti, pertanto, ad una sfera di intervento “extra-mercato”.

Nell’ultimo anno l’attività dell’Autorità in materia di servizio universale nelle comunicazioni elettroniche è stata particolarmente vigorosa, anche a fronte del rinnovato concetto di diritto di cittadinanza digitale e accesso a Internet profuso dalla Commissione.

In primo luogo l’Autorità ha avviato un procedimento per garantire, anche in prospettiva, prezzi e qualità di accesso alla rete di sicurezza sociale e dei servizi minimi del servizio universale che dovranno assicurare ai cittadini-utenti disponibilità, convenienza e accessibilità quali condizioni necessarie per l’inclusione sociale (15).

In secondo luogo l’Autorità è orientata a spingere il mercato verso l’opportunità di migliorare la qualità minima garantita del servizio di accesso ad Internet per tutta la popolazione italiana a prezzi accessibili. Due le decisioni in questa direzione: da un lato la valutazione del miglioramento del livello tecnico minimo di connessione dati per l’accesso a Internet ricompreso nel servizio universale; dall’altro il procedimento per la promozione del passaggio alla fibra da parte degli operatori co-locati nelle centrali di Telecom Italia e la definizione delle regole di switch off della rete legacy in rame e il passaggio alla fibra. Infine, un’attenzione particolare è dedicata dall’Autorità alla società di servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. L’Autorità, anche in vista della scadenza della concessione tra Stato e RAI, il 31 ottobre 2016, condivide pienamente l’intenzione del legislatore di aprire un dibattito su temi importanti collegati alla riforma della missione, dei contenuti e dell’organizzazione del servizio pubblico. Proprio in questi giorni si è chiusa la consultazione pubblica lanciata dal MISE a maggio, nel percorso di riforma segnato dalla legge 200 del 2015, nel tentativo, per la prima volta, di coinvolgere il più ampio numero di cittadini, e non solo gli addetti ai lavori, nella ridefinizione dei compiti del servizio pubblico. È indubbio che occorre oggi interrogarsi sugli obiettivi di interesse generale svolti dal servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, al di là degli obiettivi conseguiti dal mercato. È un interrogativo che coinvolge tutti i paesi europei nell’intento di ripensare la missione di un servizio pubblico, tipico del vecchio Continente, anche nell’era digitale. Mi piacerebbe che la risposta a chi ritiene superata l’epoca dei servizi pubblici radiotelevisivi fosse un lavoro comune, di tutti i Paesi membri, volto alla creazione di una Carta dei servizi pubblici radiotelevisivi europei. L’idea di Europa che vogliamo, senza muri ideologici e fisici, multiculturale e multirazziale, all’altezza delle sfide mondiali, dovrebbe ben avere un comune denominatore dal punto di vista dell’offerta radiotelevisiva di servizio pubblico. Parliamo tanto di coesione, identità condivise, cittadinanza europea. Possiamo a priori rinunciare al sogno di un servizio pubblico radiotelevisivo europeo che produca e lavori sulla base di valori condivisi, pur nell’ovvio rispetto delle libertà editoriali e delle specificità nazionali? Penso sia qualificante ed importante portare questo tema all’attenzione di tutte le istituzioni coinvolte e coinvolgibili. L’Autorità non si sottrarrà al confronto costruttivo.

 

 

Pluralismo dell’informazione, promozione della cultura e tutela del diritto d’autore online

Accanto alla promozione della concorrenza nei mercati delle comunicazioni, l’Agcom, con la propria azione regolamentare, garantisce il pluralismo dell’informazione e dei media. Tra le aree di intervento in materia di pluralismo così detto esterno rientra il monitoraggio dell’andamento economico-finanziario e degli assetti dei

mercati dei media. Alla velocità delle trasformazioni tecnologiche in atto nel sistema dei media non corrisponde un andamento altrettanto dinamico della struttura e della composizione dei ricavi, che risulta invece caratterizzata dalla difficoltà per gli operatori, in tutti i mercati dell’informazione (ancor più a livello locale), di individuare modelli di business adatti al contesto digitale. Nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC), che nel 2015 mostra una sostanziale tenuta rispetto al 2014 ed assume complessivamente un valore di circa 17 miliardi di euro, l’area dei servizi di media audiovisivi e radiofonici anche sul web continua a detenere

la maggiore incidenza sul totale dei ricavi (49,2% per un ammontare di 8 miliardi di euro). L’editoria quotidiana e periodica, anche su web, rappresenta il 26% dei ricavi del SIC per un valore di 4,5 miliardi di euro. A fronte del maggior tempo destinato dagli italiani alla navigazione, prosegue la crescita dei ricavi da pubblicità online, che raggiunge 1,7 miliardi di euro (9,5% del SIC contro l’8,4% dell’anno precedente). Dal punto di vista degli assetti dei mercati, i principali indicatori concorrenziali mostrano una sostanziale stabilità dell’equilibrio competitivo nei media tradizionali, rilevando al contempo una flessione delle quote di mercato dei principali operatori e una conseguente riduzione del grado di concentrazione in tutti i settori, seppur con differente intensità a seconda delle caratteristiche strutturali dei diversi ambiti economici. Al riguardo, se per i quotidiani e la radio si riscontrano minori livelli di concentrazione, sia la televisione in chiaro sia quella a pagamento continuano ad essere settori particolarmente concentrati, sebbene l’evoluzione tecnologica abbia determinato un aumento delle possibilità di ingresso nel mercato da parte di nuovi soggetti e su più piattaforme distributive. Allorché si dovessero rilevare posizioni dominanti lesive del pluralismo l’Autorità considererà i possibili rimedi da adottare.

 

Dal lato della domanda di informazione, la televisione conferma, come detto, il suo primato rispetto agli altri mezzi. Internet, il terzo mezzo di comunicazione per accesso da parte dei cittadini, sale al secondo posto tra i mezzi utilizzati per informarsi (anche ai fini della scelta politica), palesando la significativa e crescente importanza del proprio ruolo all’interno del sistema informativo nazionale. L’Autorità sta completando in questi giorni la fase di individuazione dei mercati rilevanti nell’ambito dei servizi di media audiovisivi, e procederà a svolgere la successiva fase di analisi per l’accertamento di eventuali posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo e all’adozione dei conseguenti provvedimenti. Analogo accertamento è in corso con riferimento al settore della radio e dell’editoria. La pubblicità rappresenta la fonte principale di ricavi per diversi comparti del SIC. Al crescere del consumo di servizi media sul web, inoltre, la così detta data economy, ovvero la capacità di sfruttamento economico dei contatti con la Rete degli utenti, accresce la rilevanza dei ricavi dagli inserzionisti pubblicitari rispetto ai prezzi direttamente pagati dagli utenti per la fruizione di servizi media (16).

In ragione del fatto che i dati di audience rilevati costituiscono il punto di partenza delle scelte strategiche dei diversi operatori, è necessario che essi siano univoci e condivisi da tutti e che la rilevazione sia fondata su meccanismi che ne garantiscano la trasparenza e l’indipendenza. Con l’obiettivo di aggiornare la disciplina in materia di accesso ai mezzi di informazione, l’Autorità si propone, attraverso un approccio olistico e convergente, di verificare la tenuta complessiva dell’intero sistema delle rilevazioni delle audience di tutti i mezzi di comunicazione (incluso Internet). L’Agcom ha, con questo scopo, recentemente avviato un’indagine conoscitiva sui sistemi di rilevazione degli indici di ascolto.

La nuova direttiva sui servizi di media audiovisivi conferma il ruolo delle quote di programmazione e investimento in opere europee da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi quale strumento fondamentale di promozione della cultura e diffusione delle opere europee. Nel rinnovare l’impegno ad una costante vigilanza dell’Autorità, voglio sottolineare il confronto in corso con gli operatori per superare alcune criticità nelle metodologie, al fine di una maggiore efficacia dello strumento. Anche nel dibattito istituzionale sul servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, non si può prescindere dal ricordare, in questa sede, la centralità dei contenuti offerti dalla concessionaria nel perseguimento degli obiettivi affidatigli sia in termini di produzione culturale interna (es. RAI cinema, RAI fiction), sia in termini di una maggiore quota di investimento in opere di produttori indipendenti. L’Autorità ha concluso nel 2015 un’indagine conoscitiva sul tema della produzione audiovisiva indipendente, formulando osservazioni per una riforma più incisiva del settore a livello comunitario e nazionale.

L’Autorità promuove, altresì, la diffusione della cultura della legalità nella fruizione delle opere digitali attraverso le competenze che la legge le affida in materia di diritto d’autore online e esercitate attraverso il Regolamento (adottato con la delibera n. 680/13/CONS), ormai giunto al terzo anno di vita (17).

 

L’Autorità svolge un importante ruolo di vigilanza anche in materia di pluralismo politico, istituzionale e sociale. Il pluralismo politico, molto stringente nei periodi elettorali, in cui la verifica dell’equilibrio quantitativo è prevalente e rigorosa, richiede una forma diversa di regolazione, più soft, anche nei periodi non elettorali. L’Autorità ha lavorato a lungo ad un nuovo Regolamento illustrato alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, dalla quale attendiamo il parere.

Privatizzazione, liberalizzazione e concorrenza del settore dei servizi postali

Quanto al neo-liberalizzato settore dei servizi postali, l’ultimo anno è stato caratterizzato dalla quotazione nel mercato azionario del 35,3% del capitale sociale di Poste Italiane. La privatizzazione di Poste Italiane si inserisce in un contesto internazionale che, di recente, ha visto la quotazione in borsa di altri operatori postali “storici” incaricati di fornire il servizio universale, come Royal Mail nel 2013 e Japan Post nel 2015. In questo contesto di liberalizzazione del settore e di privatizzazione dell’incumbent si inserisce l’attività di promozione della concorrenza e regolazione del servizio universale dell’Autorità. Anche se i benefici si avvertiranno maggiormente nel medio periodo, è possibile registrare sin da ora una diminuzione del livello di concentrazione del mercato dei servizi postali connesso all’aumento di soggetti operanti nel settore. In aggiunta, la percentuale dei punti postali di accettazione degli operatori concorrenti registra un leggero incremento e il mercato dei servizi di corriere espresso continua a mostrare una notevole vivacità competitiva. Lo scenario di riferimento dei servizi postali vede l’avvento della liberalizzazione proprio in un momento di strutturale crisi del settore.

In particolare, il calo della domanda è ascrivibile al notevole sviluppo dei servizi digitali – quali la posta elettronica semplice e certificata – e al conseguente fenomeno dell’e-substitution che pone prepotente il tema della definizione di un nuovo diritto a comunicare. In una perdurante situazione di declino della domanda di servizi postali (–8,5% rispetto al 2014), seppur a fronte di un lieve incremento (+1,8%) dei ricavi complessivi, l’attività regolatoria è stata – ed è tuttora – concentrata sulle condizioni di entrata sia di tipo amministrativo (requisiti per il rilascio di titoli abilitativi 18), sia di tipo tecnico-economico (l’accesso alla rete postale dell’incumbent). L’impegno dell’Autorità nell’ultimo anno si è concentrato nella regolamentazione del servizio postale universale, sia in attuazione di quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2015 (le nuove condizioni economiche e qualitative di offerta dei servizi ricompresi nel servizio universale (19); le nuove modalità di recapito degli invii postali a giorni alterni (20)),  sia in previsione del rinnovo del Contratto di programma tra lo Stato e Poste Italiane fino al 2019 (parere sul nuovo Contratto e determinazione del costo netto del servizio universale per gli anni pregressi).

Gli aspetti prospettici del settore postale sembrano polarizzarsi attorno ad obiettivi che puntano ad utilizzare la rete postale come leva per la realizzazione di un modello di gestione che incrementi la partecipazione dei cittadini. Delle dinamiche in corso esemplificativa è la tendenza, per l’operatore ex monopolista, a sviluppare, oltre ai segmenti della consegna di pacchi e della logistica, l’area dei servizi finanziari e assicurativi anche alla luce dello sfruttamento del contatto diretto con i clienti. Inoltre appare delinearsi la possibilità che la rete degli uffici postali possa essere utilizzata anche come rete “istituzionale”, quale presidio fisico di supporto all’erogazione di servizi digitali della pubblica amministrazione.

Come regolatore nazionale del settore postale e vicepresidente di ERG-Post mi sia consentito, infine, di richiamare l’attenzione del legislatore sulla necessità di allineare la disciplina del contributo dovuto all’Autorità dagli operatori postali a quella in essere per gli altri settori da noi regolati. Ci auguriamo davvero di ottenere entro l’anno la necessaria integrazione della normativa.

 

 

Conclusioni e ringraziamenti

Le sfide che attendono l’Autorità sono quindi tante e stimolanti: noi siamo pronti a fare la nostra parte, ma l’Italia ha bisogno anche di un quadro legislativo adeguato e coerente con la riforma europea e gli obiettivi del DSM. Ci sono, inoltre, aspetti della normativa interna la cui rigidità non aiuta il compito di vigilanza dell’Autorità. Il primo pensiero in tal senso è in verità un vecchio pensiero: da questo microfono ho già invocato, come hanno fatto i miei predecessori prima di me, una riforma della legge sulla par condicio elettorale mai intervenuta; così com’è, non solo serve a poco, ma ha l’effetto perverso di inasprire gli animi nell’agone elettorale. È una legge “vecchia”, nata in un contesto politico bipolare, quando la televisione era l’unica fonte di approvvigionamento di notizie e la rete Internet nemmeno contemplata. Ma soprattutto è una legge che non piace a nessuno, né a destra né a sinistra, eppure nessuno si assume la responsabilità politica di riformarla, salvo poi puntare il dito contro l’Autorità quando le inefficienze della legge vengono puntualmente a galla ad ogni tornata elettorale.

Ma non c’è solo la par condicio da rivedere. Il sistema Italia sconta il ritardo nel processo di “svecchiamento” di significative porzioni della legislazione di settore. Molti degli effetti li viviamo direttamente e nel coordinamento con il Ministero dello sviluppo economico. Penso in particolare al TUSMAR, troppo imperniato sulla vecchia sostanza “analogica”, ad una legge di riforma dei contenuti che svecchi il sistema esistente e metta insieme la riforma dell’editoria, della titolarità e della vendita dei diritti audiovisivi premium, la promozione sulle piattaforme digitali di quote di opere culturali italiane, e anche la tutela del diritto d’autore e la gestione collettiva dei diritti in un sistema normativo europeo, digitale e connesso.

Infine, auspico che non si perda l’occasione offerta dal rinnovo della Convenzione Stato-RAI per interrogarsi non solo sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale nel nuovo contesto digitale, ma anche sulle modalità organizzative e gestionali con cui la società affidataria del contributo pubblico darà risposta alle sfide poste da nuovi bisogni e da una diversa percezione dell’utilità collettiva del servizio. La strada da fare è lunga e in salita, ma ce la faremo. Mi sento, in chiusura, in dovere di ringraziare i nostri organi di supporto, il Nucleo speciale della Guardia di finanza ed il Corpo di Polizia postale e delle comunicazioni; gli organi funzionalmente connessi, quali il Consiglio nazionale degli utenti e i Comitati regionali per le comunicazioni; gli organi interni di garanzia, il Comitato etico, la Commissione di garanzia ed il Servizio del controllo interno. Da ultimo, un sentito ringraziamento alle donne e agli uomini di Agcom.

Grazie a loro e grazie a tutti.

Relazione annuale 2016 – le slide


1 Cfr. J. Monnet, “Mémoires”, Fayard, 1976.
2 Si pensi, ad esempio, ai servizi di messaggistica istantanea e di Voice over IP (VoIP), oggetto di un’apposita indagine dell’Autorità (Cfr. delibera n. 357/15/CONS, recante “Indagine conoscitiva concernente lo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazione elettronica”) e ai più recenti servizi di streaming on demand, analizzati dall’Autorità nell’ambito del procedimento in corso di analisi dei mercati rilevanti nel settore dei servizi di media audiovisivi (Cfr. delibera n. 286/15/CONS, recante “Avvio del procedimento volto all’individuazione del mercato rilevante nonché all’accertamento di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo nel settore dei servizi di media audiovisivi, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177”).
3 Delibera n. 165/16/CONS, Indagine conoscitiva concernente lo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazione elettronica. Pubblicazione della parte relativa ai “consumer communications services”.
4 L’Autorità, in linea con gli studi svolti per conto della Commissione europea, stima che a fronte di investimenti (pubblici e privati) in infrastrutture a banda ultralarga superiori a 10 miliardi di euro si avrebbe un incremento occupazionale di oltre 170 mila unità ed un effetto moltiplicatore sul PIL del 10%.
5 COM (2015) 192 final.
6 REGOLAMENTO (UE) 2015/2120 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 25 novembre 2015 che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (UE) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione.
7 È attualmente in corso la consultazione delle linee guida adottate dal BEREC.
8 COM(2016) 287/4 Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council amending Directive 2010/13/EU on the coordination of certain provisions laid down by law, regulation or administrative action in Member States concerning the provision of audiovisual media services in view of changing market realities.
9 Questi temi sono stati affrontati dall’Agcom nel proprio contributo alla consultazione europea sulle piattaforme online (settembre 2015 – gennaio 2016) e nell’ambito della Indagine conoscitiva concernente lo sviluppo delle piattaforme digitali e di comunicazioni elettronica (delibera Agcom n. 357/15/CONS). L’indagine conoscitiva avviata dall’Autorità nel 2015 è finalizzata ad esplorare gli ambiti regolamentari potenzialmente applicabili nel mutato contesto economico e sociale delle comunicazioni e dei media in ambiente Internet al fine di assicurare la promozione di una concorrenza sostenibile, lo sviluppo delle reti e dell’innovazione e la tutela dei consumatori.
10 Il ruolo dell’Autorità nel perseguimento della Strategia DSM non è circoscritto alla sola riforma del quadro normativo e regolamentare delle infrastrutture e piattaforme digitali, ma si inserisce in numerosi altri aspetti della riforma, anche nell’ambito delle direttrici finalizzate a “favorire un migliore accesso ai consumatori e alle imprese ai beni e ai servizi online in Europa” e “massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale”. L’obiettivo di rimuovere le principali differenze tra il mondo online e offline, favorendo la libera circolazione di prodotti e servizi, necessita di un’azione immediata volta ad abbattere le barriere che bloccano la circolazione delle attività online attraverso le frontiere dei diversi Paesi membri e che, inevitabilmente, rappresentano un freno alla crescita dell’economia digitale. L’Autorità è coinvolta in numerosi aspetti di regolazione degli scambi in rete (diritto d’autore online; sistemi di numerazione, standard e sviluppo delle applicazioni; servizi di trasporto e logistica da servizi postali a servizi per l’e.commerce; ruolo consultivo sugli effetti della gestione di big data o del cloud computing sui mercati di riferimento).
11 Che classifica i paesi dell’Unione in base alle performance e al rendimento digitali. Per maggiori informazioni sul DESI consultare il sito https://ec.europa.eu/digital-single- market/en/desi.
12 Ibidem. Tra la popolazione compresa nella fascia di età 20 – 29 anni, 14 individui ogni 1.000 in Italia sono diplomati e laureati in materie tecnico-scientifiche, rispetto ad una media europea di 18‰.
13 Eurostat.
14 Osservatorio sulle Comunicazioni.
15 Le attività potranno coordinarsi in una visione più ampia con l’analisi delle condizioni qualitative di fornitura e con lo studio avviato sulle tariffe e le caratteristiche tecniche di offerta dei servizi di base agli utenti in condizioni di disagio economico, sociale e di disabilità.
16 Il settore della raccolta e rilevazione dei contatti sui mezzi di comunicazione si compone di una serie di mercati distinti, ma collegati tra loro, in cui il mezzo di comunicazione rappresenta la piattaforma attraverso la quale gli editori, i fornitori di servizi audiovisivi o radiofonici, i gestori di una pagina web sono in grado di monetizzare i contatti realizzati (gli utenti o i consumatori raggiunti dal mezzo) vendendoli agli inserzionisti di pubblicità interessati all’acquisto di spazi pubblicitari per la promozione dei propri prodotti. La piattaforma gestita dall’operatore rappresenta quindi l’elemento di congiunzione che consente di soddisfare le domande di due tipologie di attori: fruitori del mezzo, da un lato, e inserzionisti di pubblicità, dall’altro, in accordo alla teoria dei mercati a due versanti.
17 A giugno 2016, le istanze di rimozione di contenuti protetti dal diritto d’autore complessivamente presentate sono 535 che scendono a 348 per effetto di ritiri, accorpamenti o archiviazioni in fase preistruttoria. Di queste, poco meno della metà sono state in seguito archiviate per adeguamento spontaneo o d’ufficio dall’Autorità e poco più della metà si sono concluse con ordini di disattivazione.
18 Cfr. delibera n. 129/15/CONS, recante “Approvazione del regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali”.
19 Cfr. delibera n. 396/15/CONS, recante “Nuovi obiettivi statistici di qualità e nuove tariffe degli invii postali universali ai sensi dell’art. 1, comma 280 della legge 23 dicembre 2014, n. 190”.
20 Cfr. delibera n. 395/15/CONS, recante “Autorizzazione all’attuazione di un modello di recapito a giorni alterni degli invii postali rientranti nel servizio universale”.
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